Nairobi: il mio secondo giorno con Samburu Smile. Capitolo 42. 12/08/2019

Nairobi: il mio secondo giorno con Samburu Smile. Capitolo 42. 12/08/2019

Sono le ore 1:05 am.
Ci siamo appena messi a letto dopo aver sistemato le valigie.
Le gambe sono stanche e il mio spirito pure.
Forse quello che ho visto oggi condizionerà per sempre un po’ la mia vita.
Oggi siamo stati in uno dei posti più poveri della terra, lo Slum di Kibera.
È in certi posti che bisognerebbe mandare i ragazzini viziati del mondo. Giusto per svegliarli dal torpore del consumismo illogico, giusto per riallineare le priorità della vita.
C’è un’unica parola che racchiude tutto quello che vorrei dire:
Sopravvivenza.
Fottuta sopravvivenza.
E chissà, Voi poi penserete: ua ma cumm fai fratè, sai che postaccio pheega, bla bla bla.
Niente di tutto questo.
È una sopravvivenza in stile Hakuna Matata.
Ognuno fa ciò che può, e ci si accontenta. E ci si adatta.
Con la musica ovunque, con il sorriso.
Scherzando con noi, mettendosi in posa per fare le foto, salendo su un cumuli di monnezza.
Altro che terra dei fuochi.
Ho delle diapositive nella mia mente che porterò per sempre con me.
Non ho mai pensato che al mondo potessero esistere persone che vivono in quello stato di povertà.
Ed è incredibile come, in una situazione del genere, non abbia visto un litigio, una discussione, e abbia visto un solo bimbo mentre piangeva.
L’Africa è un posto diverso da qualsiasi altra parte della terra.
Questo è chiaro.
Lo senti tra la gente, nei loro sguardi profondi, nella loro forza e debolezza allo stesso tempo.
Le persone amano il contatto, ti salutano sempre con handshake e abbraccio, chiunque.
È energia che noi non conosciamo, che l’occidente ha dimenticato d’avere.
Loro si lanciano elettroni infuocati ogni volta che si sfiorano.
Oggi ho visto bimbi piccoli urlare Musunguuuu, che signfica bianco, e correre verso di noi per toccarci le mani e giocare.
E non per chiedere soldi, ma solo poter passare del tempo con persone cosi diverse da loro.
Sentivi quelle vocine che dicevano, Hiiii abari how are you hello…che ti si squagliava il sangue nel cuore.
Ho visto un fratellino “cullare”la sorellina, seduto su un generatore.
Così, usava il movimento scombussolante tipo culletta automatica, tipo io che mi addormento in aereo manco il tempo di salire.
Ieri un piccolo omino di poco più di un anno è corso da me e ha alzato le braccia per farsi prendere in braccio.
Eravamo al parco, vicino alle ninfee, mi ha sciolto il cuore.
Era vestito con l’abito della domenica, con un gilet e un piccolo cravattino.
Qui i bimbi non hanno paura dello sconosciuto, anzi lo avvicinano.
Anche allo slum, anche se le loro vite sono appese ad un filo molto sottile.
Basti pensare che non c’è acqua potabile, ma loro se ne fregano e bevono qualsiasi acqua trovano.
Ho visto alcuni giocare con le biglie sul terreno come facevo anche io con fedeedario e le bambine disegnavano la campana a terra (come faceva fede) con una pietra e saltellavano.
E le donne che lavavano le magliette e intanto ballavano con la testa a ritmo di musica.
Potrei continuare ore a descrivere ma non rende.
C’è troppo un intreccio di vite.
Troppe storie, troppi movimenti impercettibili delle loro mani, dei loro visi, che mi hanno sbalordito.
Ad esempio il modo di muoversi, di camminare, di arrampicarsi, o di parlare con te.
O quello che hanno i bambini di saltare, cadere e rialzarsi senza lamentarsi, pulendosi le mani tra di loro per elimare il terreno e poi ciao via a campare.
La praticità di certi gesti mi ha sbalordito.
Andati via dallp Slum siamo andati ad Ongata Rongai a trovare padre Jairo e la sua 3000friendsFarm.
È colombiano ed è venuto 18 anni fa qui: è un po’ il papà di tutti.
Ha i capelli foltissimi bianchi e grigi rasati, come il mio papà.
Ha creato un villaggio a 30km da Nairobi dove si coltiva in maniera organica, senza concimi.
Il suo sogno è poter creare una farm organica e aiutare la diffusione dell’agricoltura qui.
È un progetto incredibile.
Ora sono le ore 1:12, i miei occhi si chiudono.
Domani partiremo per il villaggio dei Samburu alle ore 5.
Abbiamo riassemblato tutte le valigie con tutti completini e le scarpette da basket.
Dovremmo portare quasi 50 kili a testa e viaggeremo in un matatu che sono dei pulmini da 10 posti con musica africana a palla.
Sarà un viaggio speciale, durerà 8/9 ore.

Vi saluto con una frase che ho letto su un quadro nella farm di padre Jairo:
“Vision: Trasformed communities where dignity prevails”

Questo viaggio mi cambierà la vita, anzi, forse me l’ha già cambiata.
Grazie Sergio, grazie Samburu Smile.

Un abbraccio a tutti,

Peace

Ale

(nel momento in cui pubblico ho appena appreso della morte di Nadia Toffa.
Dedico a lei la mia emozione di questi giorni.
Senza aggiungere altro, la mia energia son sicuro che le arriverà.
Ciao Nadia.)

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