In viaggio con Kobe. Capitolo 13. 19/07/2017

In viaggio con Kobe. Capitolo 13. 19/07/2017

Sto bene.
Kobe viaggia n’amore.
Come il Mamba si insedia dentro le mie vene, mi distrugge da dentro, mi fa venire un po’ lo schifo quando fa quei fadeway che salta all’indietro 2 metri.

Ma sto bene.

Ora sono proprio in Modalità BraccialettiRossi, non ho più un capello e ho 3 peli sul pizzetto e 4 sui baffi.
Ma non è un modo di dire eh, sono proprio 7 totali.
Sono appoggiati, non crescono, non sono vivi, però mi fanno sentire più 13enne e meno 12enne.

Oggi ho giocato Gara 2 del ciclo Kobe.
Le modalità sono pressoché le stesse di Mike, ma ora anche JD ha capito che sono una tigre e quindi riesco a fare tutte le terapie senza prendere quelle pillole che parlano con il cervello. (vedi cap.7)

Ora sono seduto in corridoio, c’è un aria super fresca, tanto che ogni tanto mi viene quel brivido bello lungo la schiena.
Quello che ti viene dopo una giornata di mare e tu torni a casa guidando con il finestrino aperto, con l’aria che ti passa sotto la canottiera larga.
E su Radio Virgin mandano Sultan of Swing.
È piacevole.
Sto scrivendo con il cellulare, e ho un ansia assurda perché sta al 18%, siete avvertiti.
Se sentite ansia nelle mie parole è solo per questo motivo.

Bè, che ve devo dì.
Non so manco da dove cominciare.

È strano vivere in questo nuovo corpo.
Non è brutto, è solo strano.
Per come si gestiscono gli equilibri nei discorsi, per come la gente ti vede meno alpha del solito, e quindi tu devi sparare in cielo la tua personalità, e dire una parola in napoletano ogni due parole.
Così si crea l’atmosfera bella, parte il mandolino, e c manc sul na bella margherita ca pummarol fresca.
Parlare in napoletano, crea una complicità tutta diversa.
Si diventa fratelli senza manco conoscersi.

Qui sono sempre tutti bravissimi.
Tutti, davvero, nessuno escluso.
Sono un Super team.
Mi sento tremendamente fortunato.
Infermieri, specializzandi, dottori “grandi”, li sento davvero vicini a tutti noi pazienti con la malattiaconilnomebrutto.
Sempre sorridenti, sempre con una parolina di confronto.
Anche nel dire verità un po’ scomode.
A volte vorrei stringerli e abbracciarli, però poi mi rendo conto che bisogna mantenere un rapporto paziente-dottore. E devo tenere la mia personalità un po’ folle-socievole a bada. E devo fare il serio.
A volte vorrei semplicemente dargli la mano, inventare un nuovo hand-shake. Ma poi ricordo le puntate di Scrubs e dottor House dove tutti i dottori più esperti consigliavano sempre ai dottori specializzandi di non diventare troppo “amici” dei pazienti.
Per non sentirsi compromessi nelle decisioni, per non perdere obiettività.
Non voglio che loro possano pensare che gli manchi di rispetto. È che davvero vorrei conoscerli tutti, vorrei che mi raccontassero le loro storie, le loro paure. Vorrei proprio sapere come si sentono a esser visti come eroi, dev’essere una sensazione così intensa.
Come diceva Ben Parker, da un grande potere nascono grandi responsabilità, na cosa del genere. E loro forse devono sentirsi proprio così.
In missione ogni giorno.
Piccoli eroi del quotidiano.
Senza costumi, ma con camici bianchi che svolazzano come fossero angeli.
Ho già detto che mi sento fortunato?

Il mio viaggio procede bene.
Oggi ho fatto preoccupare i miei genitori e mi dispiace un po’ per questo. Mi sentivo meno simpatico del solito, un po’ scemunito. Avevo appena finito le iniezioni.
Me ne sono accorto che erano preoccupati dal loro modo di accarezzarmi: papà prediligeva le spalle, perché le spalle larghe sono il simbolo dell’omm potente.
Me le scaldava e me le scioglieva come se volesse darmi un po’ del suo coraggio, come se volesse togliermi la paura.
Mamma invece, predilige da sempre il petto e la pancia.
I posti dove risiedono l’emozioni. Perché mamma con le sue mani è capace di buttarmi dentro tutto l’amore di cui ho bisogno. È unica nel farlo.
Con sta combo di carezze intrise d’amore e coraggio, mi hanno fatto rinascere. Gli effetti, loro, non li hanno visti però, perchè mi sono addormentato.
E non so perchè ora nel raccontarvi sta cosa mi trovo in questo corridoio da solo con le lacrime agli occhi.
Semplicemente credo sia stato felice di poter ricevere le loro carezze in contemporanea, e sono felice che loro siano, insieme, con me.
O magari è anche colpa della stanza condivisa che non mi lascia spazio metabolico emozionale.
E quindi ora che mi trovo solo, badabum.
Tutto fuori.
Nel bene e nel male.

Ah, niente Acquario.
Il Ciclo Kobe lo sto giocando nella stanza numero 3. Come il mio numero di maglia di quest’anno.
Concidenze? Non credo.
Sono in stanza con due signori che hanno entrambi personalità molto forti.
Sono cazzuti, ognuno nel suo modo, sono due galli in un recinto.
Io mi sento un pochetto il loro punto di congiunzione, il collante del gruppo.
Cerco di farli andare d’accordo, così da creare un’atmosfera zeppl&panzarott.
Ci sto riuscendo.
Hanno entrambi storie incredibili, ma non voglio raccontarle qui ora perché sono un po’ forti.
E credo che abbiano il diritto di non essere raccontati sul mio blog.
Non ora, non è il momento.

Intanto, sto scrivendo solo con la mano sinistra, e non sapete che fatica!
Il braccio destro è off: deve stare sempre disteso, perché sennò l’ago sfonda la vena, esce il sangue e poi devono cambiare vena, ed è un burdellino.

Io però sto bene.

Intanto son tornato in stanza, sono arrivato al 7% e non me la sentivo di continuare così. Allora mi son steso sul letto, i miei compagni non parlano, sono assorti nei loro cazzi&mazzi.

Questa stanza non è il mio Acquario, ma in compenso ho un letto posto finestrino che è la bomba, che basta che giro la testa a sinistra e vedo il cielo azzurro e i pini che fanno ciaociao.
Ci sono pure degli alberi diversi, non so come si chiamano.
Sono più femminili, non fanno ciaociao, ma si sbattono malamente, sono sottili, sensuali. Il loro movimento è ipnotico. Quasi eccitante.
Riconosco il corpo di una donna nel loro volteggiare, sembra uno spettacolo di burlesque.
E come dice un mio amico…Adoro.

Ragazzi, sto bene.
Non vi voglio convincere, e tanto meno voglio convincere me stesso.
Ma sto vincendo io, me lo sento.
Non ho nulla, non sento dolori, non ho sensi di nausea, non ho i denti brutti, e non mi esce il sangue dal naso.
Sono solo il modello base di Ale, testa palla da biliardo, 7 peli sul viso, climatizzatore escluso, airbag di serie, chiavi in mano.
Per ora.
(umorismo inglese)

La cosa più divertente di questi giorni è vedere quei 3 secondi in più che ci mettono le persone a riconoscermi. Fa ridere tantissimo.
Succede sempre cosi: la loro faccia dice “ma questo chi è?”,”ua come sta bianco”,”chissà se si rasa i capelli con la lametta o è proprio calvo di natura”,”aspetta ma sta faccia di culo la conosco…”,”uh mamma, ma è Ale!”, “cazzo speriamo non si sia accorto che ho fatto la faccia sbalordita quando l’ho visto”,”vabbuò facciamo finta di niente che pare brutto.”

uhhhh ciao Ale, come stai bene rasato!
Senza barba sembri pure più piccolo!

Mi fa ridere.
E’ un pò tragicomico, come piace a me.

Sto riuscendo anche un pò a lavorare, e la cosa mi gratifica.
Mi son perso un estate lavorativa da paura, spero tanto che a settembre si apriranno nuove opportunità.
Intanto sto cercando di fare il possibile via Pc portatile: lo appoggio sul tavolino delle medicine vicino al letto, con il mouse che si incaglia sullo scottex. Si mette per igiene sopra questi tavolini, me l’ha insegnato mamma.
Sto aiutando un paio d’agenzie di comunicazione per alcuni eventi fighi su Napoli.
Cerco di mettermi a disposizione, cerco di rendermi utile.

Ah, oggi ho fatto 30 pipì. La tossicità di Kobe è un pochetto più alta di Mike: non perchè Kobe sia più forte di Mike, sia chiaro.
Semplicemente perchè Kobe sta giocando dopo Mike, e per dimostrare di essere all’altezza, cerca sempre di strafare, cerca sempre di superare il limite.
Io sto rispondendo a questa insolenza cercando di bere almeno 3 litri d’acqua al giorno, in modo che il fegato si senta sempre altissimopurissmolevissimo.
E’ strano, ogni giorno mi rendo sempre più conto di esser fatto di carne.
Sento i liquidi nel mio corpo che si muovono in una maniera diversa.
Tutto più denso, tutto meno fluido.
Speriamo che a Settembre sto modello base, ritorni ad essere super accessoriato, con aria condizionata e motore biturbo come al solito.

Kobe oggi indossava la numero 8.
Era veloce, istntivo, determinato.
Mi è entrato dentro senza chiedere il permesso, mi ha sfondato le vene.
Young legs, schiacciate sotto le gambe, sbam, sbum, on Dwight.
In Gara 3 di domani credo indosserà la 24, quella dell’anno 2010, contro i Boston Celtics.
29 punti, 7 rimbalzi, 4 assist, 3 stoppate.
La partita che Fisher decise con quel terzo tempo a sinistra a 50 secondi dal termine contro i corpi di Garnett, RayAllen, e Big-Baby Davis.
And-one! Oh baby!
Con Kobe che esultava con il pugno a centro campo.

Io intanto sono tornato in corridoio.
Le parole non mi uscivano in stanza.
Sono seduto su questa sedie di legno dove aspetto quando vengo a fare le gare 6 e 7.
È appena uscita una dottoressa da una porta, non l’avevo mai vista.
Lei mi ha salutato chiamandomi per nome.
Mi ha sorriso con gli occhi, ed è poi scomparsa in una porta metallica.
Un bel momento.

Sto davvero bene.

Per ora è tutto, voglio smettere di scrivere per godermi questo pochino di rosso tramonto delle 20:44.

Dalla stanza numero 3 è tutto: il viaggio continua.
Felice di avervi con me.

Peace

Ale

Ti ringrazio della lettura. Se ti va puoi scrivere qualcosa qui:

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