L’abbraccio di un secondo. Capitolo 30. 13/01/2018

L’abbraccio di un secondo. Capitolo 30. 13/01/2018

“Scusi? Porta! Scusi, porta!”
Aveva lo sguardo impaurito e un po’ deluso.
Avrà avuto 10 anni, un sorrisino buffo, e un cappello di lana con la palla pelosa bianca.
Un accento padovano un po’ strano.
Urlava all’autista del bus: aveva già chiuso le porte e lui non aveva fatto in tempo ad uscire perché stava salutando gli amichetti.
Nei suoi occhi ho letto un senso d’urgenza e di sconforto incredibile.
Per quel bambino aver perso la fermata è stato davvero brutto.

Rifletto.

Ho pensato ai punti di vista.
Ho pensato a come la percezione delle cose possa cambiare da persona a persona.
Ho pensato a come la percezione del “rischio” e di problemi random possano cambiare da persona a persona.
Questa è una che spesso sottovalutiamo, e sbagliamo.
Ognuno dentro di sè ha il senso delle cose che vuole.
Ognuno ha significati e significanti diversi, ognuno deve rispettare ciò che ha imparato nella Sua vita.

Dico grazie a quel bimbo dall’accento strano.

Mi trovo su FlixBus, direzione Bergamo.
Ci sono tutti ragazzi strani e assonnati, nessuno parla.
C’è un ragazzo occhialuto vicinoammè: dorme con la bocca aperta, si sveglia, mastica l’aria, e poi si riaddormenta.
Fa ridere.
Il resto dei ragazzi son quasi tutti con la tua testa nel monitor del loro cellulare.
Nessuno guarda fuori dal finestrino.
Che cosa triste.
Magari qualcuno sta mettendo mi piace a qualche foto di qualcuno che guarda fuori al finestrino.
Società malata.
However.
…(Ludovico nelle orecchie, cellulare modalità aereo)…

Eccomi qui: sono nel mio mondo.

Mi è mancato tanto stare qui.
Non ci venivo da tanto, purtroppo la vita a volte è talmente imprevedibile che non lascia tempo al sistema emozionale.
È una corsa frenetica.
Le cose accadono e non hai manco il tempo di capire che stanno accadendo che ne succede un’altra.
Bombe che lanciano in aria i detriti della mia coscienza.
Boom: eccoli in aria.
Ecco, si stanno riposando, ecco che l’aria sta tornando limpida…. Boom, un’altra bomba, ancora più forte.
“Ja, uagliù stavolta ve la do buona, ma ora lasciamo posare n’attimo la mia coscienza ja”
“Eccola qui, la vedi? Vedi come è bello il mio mondo da qui? ”
Boom.
Suono di bassi che dettano l’armonia della mia vita.
Boom.
Crack.
La mia coscienza che fluttua.
Io che fluttuo come le note di Petricor che sto ascoltando ora. Quasi mi manca l’Ale sbarbatello che aveva come unico obiettivo della giornata bere una bottiglia di due litri d’acqua.

Ho imparato a gestirmi.
Ho imparato a dare priorità.
La vita mi ha insegnato a vivere con la coscienza fluttuante, distrattamente, con meno cognizione di ciò che faccio.
Vado in modalità provvisoria.
Che se davvero dovessi vivere ogni giorno con la stessa intensità di questo momento in flix, forse bho, credo che la mia anima imploderebbe.

È un istinto di sopravvivenza.

Alla fine ciò che importa è sapere sempre chi sei e io questo lo so, anche quando succede un boom.
Divago, jazzo, randommizzo.

Ho l’aereo per Napoli oggi.
Torno a casa dopo una settimana passata tra Padova e l’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda.

Di questi giorni ricorderò gli occhi di mio padre con la cuffietta bianca che mi saluta prima di entrare in sala operatoria.
Saranno sempre nel mio cuore.

Ricorderò la sua espressione sorridente, la sua forza.
Ricorderò la sua espressione stanca, i suoi timori e la sua voce rauca.
Mio padre è un uomo vero.
Con le sue virtù, con le sue debolezze. Schietto, trasparente.
Lui non sa quanta forza mi dà, e forse anche ora mentre stai leggendo non ti renderai davvero conto di quanto conta per me.

È il mio Supereroe.
È la mia genetica: è le mie spalle grosse che mi aiutano a combattere nel mondo, è il mio polpaccio gigante che mi aiuta a saltare più in alto degli altri, è le mie labbra carnose che mi aiutano ad amare di più.
È la mia parte folle e incosciente, è quella capacità di “prendereperculo” la vita, è la voglia di fare mille cose, è la ricerca del mare in ogni momento della mia esistenza.
È dormire con la testa sulle mie ginocchia mente ero a letto e svegliarsi al ritmo dei miei respiri più affannosi.
È l’amore imbarazzato tra due uomini che vince la virilità del simmommeammafalomm e si manifesta con baci sulla guancia, asciugate di fronte e guance dal sudore, pacche sulle spalle stile Cannavacciuolo, e abbracci di un secondo.
Un secondo perché cmq simm omm.
Troppo nun se pò.
Rido.
Mi piace pensare che il destino ha voluto che lui si operasse a Peschiera Del Garda perché nel nome Peschiera c’è qualcosa che lo unisce alla sua passione sviscerale per la Pesca.
Può sembrare na cagat, per me invece non lo è.
Magari le prime 4 lettere “Pesc” lo fanno sentire più “a casa”, più a suo agio.
Il cervello a volte è strano e si, lo ammetto, il mio un po’ più degli altri.
(ai cinici del cazzo: voi non potete capire.)

La vita è bella, ragazzi: succedono e succederanno sempre cose brutte, lutti familiari, malattieconilnomebrutto, litigi e incomprensioni, ma se si impara ad apprezzare gli istanti perfetti (cit.) che ci dona, tutto cambia colore.

Perderemo e ritroveremo persone importanti lungo il cammino ma se avrete sempre la forza di far riposare la coscienza ogni tanto, non vi sentirete mai soli.
La più grande forza è dentro di noi.

(Il mio bollettino ANSA è che il 29 Gennaio farò la tac più importante della mia vita.
E capiremo se sto pistacchio del cazzo è diventato un pinolo o, anche no, una nocella.
Vi terrò aggiornati.)

Un abbraccio forte a tutti.
Un abbraccio di un secondo al mio papà.

Siamo una grande squadra.

Peace

Ale

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