Gara 6 vestito da Simba. Capitolo 10. 6/7/2017

Gara 6 vestito da Simba. Capitolo 10. 6/7/2017

Nella vita ci sono due certezze.
La prima è la bocca di Beyoncè, la seconda è il traffico sulla tangenziale di Napoli.
Purtroppo, stamattina, mi sono imbattuto solo sulla seconda certezza.
Sulla prima ci stiamo lavorando, don’t worry.

Oggi è stato un giorno importante ragazzi: oggi ho giocato Gara 6.
Dopo aver usato la uallera a uso scialle per motivi traffici, io e mio padre siamo arrivati all’ospedale intorno alle 8.
C’era tutto un bordellino fuori l’ingresso, come se mi stessero aspettando per il gran saluto.
Mi ha ricordato i tempi belli, quando facevo l’animatore: a fine spettacolo facevamo quei tunnel di braccia che tu dovevi correre sotto e poi uscire e fare l’inchino.
E io correvo velocissimo acchiappando come al solito tanti calci in culo da tutti gli altri animatori, come gesto d’affetto.
Arrivato alla fine aprivo gli occhi e rallentavo sempre un pò.
Mi godevo il panorama del nostro pubblico, facevo un bel respiro e gridavo il mio nome, con tutta la felicità che avevo addosso.
Come se avessi recitato per il musical più figo mai concepito, come se avessi cantato nel modo migliore che potessi.

L’emozione del palco non la dimenticherò mai.
Il senso di totale abnegazione che ti da far divertire la gente è una cosa che non si può spiegare se non ce l’hai un pò dentro.
Io non ero più Alessandro: ero Ale il napoletano, ero la scheggia impazzita. Ero quello che indossava parrucche pure per andare a dormire.
E i bimbi ridevano.
Uh, mi è venuto in mente un flash bellissimo.
Era la settimana di Ferragosto, avevamo diciottomila spettacoli da provare, giochi aperitivi organizzati con duecento persone alla volta.
Era la settimana del nonsidormemai.
Ricordo che bisognava organizzare lo spettacolo per i bimbi: era una sorta di Musical Disney che riprendeva spezzoni di tutti i cartoni animati più celebri.
Ricordo che non so per quale motivo c’era un problema con un animatore più piccolo e non ci sarebbe stato quel pomeriggio a dare una mano al miniclub.
Bè, per non farla troppo lunga, mi offrì di fare io Il Re Leone: cioè ero proprio Simba.
Avevo indosso un costume di spugna che praticamente entravi 80 kili e uscivi 50. Ricordo che quando lo mettevo addosso sentivo un pò la morte che mi accarezzava la fronte dicendo “uagliò, non avè paur, sto arrivando, aspetta n’attimo”.
Tipo un profumo di cadavere di tonno lasciato sotto al sole per due mesi. EaudeTonne.
(complimenti vivissimi per la battuta Ale, sei un burlone)
Bè, ricordo che lo spettacolo fu un successo: avevo mixato tutte le basi, e feci pure Aladino!
Ricordo che alla fine dello spettacolo l’animatrice dopo aver fatto tutti i vari ringraziamenti disse queste parole:
“Bambini vogliamo chiamare Simba?”
Io che stavo in versione Aladino mi sono buttato addosso di nuovo il costume di Simba inzuppato di sudori miei e dei miei tanti miei avi.
Sono uscito……e BADABABUM.

Forse è stato uno dei momenti più belli della mia vita.

Almeno 50 bambini si sono lanciati addosso a me, così d’istinto.
Mi hanno abbracciato per dieci minuti interi, ma a me son sembrati sempre un minuto meno.
Mi strivolavano le gambe quelli piccini, e qualcuno più altino me lo sono trovato sul fianco, sotto al braccio.
E’ stata una cosa incredibile ragazzi, e ringrazio Dio, o Michael Jordan che forse poi sono la stessa persona, per avermelo fatto ricordare in maniera così vivida questa sera.
Mi ricordo che alzai gli occhi al cielo, e da due piccole fessure a forma di cerchietti scavate nella spugna, mi ricollegai alla vita.
Decisi che avrei dedicato la mia vita a fare ciò che sento.
Basta formule, basta forzature.
Niente, niente, nient’altro, avrebbe potuto farmi sentire così….felice.

(Minchia sono quasi sudato per come ho scritto sta storia.
Mi viene l’ansia di dimenticare i particolari belli e allora fanculo la grammatica, scrivo in modalità fiume in piena.
Che poi dopo correggo qualche virgola, o forse no.)

Torniamo a gara 6.
Arrivato al terzo piano, ero già un pò più sereno.
Mi faceva troppo piacere salutare tutti i miei compagnelli di viaggio.
Chissà i capelli di NaturalGel che forma avevano oggi.
Chissà se Mafalda aveva la pinzetta rosa o azzura.
Chissà se c’era la dottoressa che mette le maglie dell’HardRock sotto al camice.

A darmi il benvenuto è stato il mitico Neddy.
Mi sono accorto che è di una gentilezza unica con tutti. Pure con i vecchietti che non capiscono le cose e tu le devi dire 2000 volte e loro te lo chiedono la 2001nesima volta, ma così giusto per stare sicuri eh.
Abbiamo parlato come due vecchi amici, promettendoci di vederci fuori e andare pure a mare appena finisce sto fatto.
Farò una festa e li inviterò tutti. Già ho deciso.

Ecco il mio JD!
Oggi le converse sono blu.
Mi ha visitato, ha visto le mie analisi, e poi abbiamo parlato di altri cazzi.
Mi ha spiegato che nei prossimi tempi dovrò stare un pochetto più tranquillino perchè ho i valori nel sangue un pochetto bassi.
E’ stato felice anche lui di vedermi: gliel’ho letto sul viso appena ho varcato la porta.
Forse gli ha messo allegria il mio outfit: cappellino di paglia stile AmericanoAmalfiCoast, maglietta dei Brooklyn Nets, e occhiali da figo.
Insomma, stile da vendere.

Poi è andato via e io son rimasto con Neddy….e rullo di tamburi…NaturalGel!
Aspetta, aspetta, ma che stai dicendo, aspetta ma è uno scherzo?
No ja, e tu così mi rovini tutta l’equilibrio psicologico..
Uagliù , NaturalGel senza Gel.

Colpo di scena.

Rovesciamento dell’intreccio.

Climax.

Mi ha salutato con una bella pacca sulla spalla stile AntoninoCannavacciuolo mentre io palesemente fissavo i suoi capelli in preda allo stupore.
Poi mi so tranquillizzato, ho visto che i capelli facevano lo stesso la sua porca figura: immobili, stoici, fluenti come la criniera del costume di Simba.

Oggi è stato lui a portarmi la mitica sacca BluCobalto.
Enniente….oggi vado all’Iper…..
Ahhhhhhh! ma che sto dicendo!!

Volevo dire: enniente…è partita gara 6.

Non c’è stata gara: palleggio, palleggio, finta di schiena verso sinistra, piede perno sinistro, contatto sull’avversario, separazione, fadeway a due metri da terra, lingua fuori, Ciaff.
Game, Set, Match. (FlavioTranquilloCredits)

Stavo per andare via, poi mi so ricordato che dovevo fare una cosa: andare a trovare il mio Acquario.
La luce era spenta, non c’era nessuno: mi sono intrufolato.
Giro l’angolo e…eccolo qui.
Così come l’avevo lasciato.
Sono entrato e mi sono seduto sulla sedia: la mattonella scardata in bagno, il televisore che fa bizuumm, e il neon fa IbizaTunzTunz. C’era tutto.
Così mi sono alzato, ho salutato i pini che fanno ciaociaoconlamanina, ho chiuso la porta e sono uscito in corridoio.

L’ho fatto camminando ma dentro un pò correvo.
E ho corso velocissimo acchiappando tanti calci in culo da tutti gli infermieri e i dottori, come gesto d’affetto.
E arrivato alla fine ho aperto gli occhi, rallentando come sempre un pò.
Mi son goduto il panorama, ho fatto un bel respiro e ho gridato dentro il mio nome, con tutta la felicità che avevo addosso.
Come se avessi recitato per il musical più figo mai concepito, come se avessi cantato nel modo migliore che potessi.

E allora ho alzato gli occhi al cielo, e da due piccole fessure nel cappello di paglia, mi sono ricollegato alla vita.

Ho dedicato la mia vita a fare ciò che sento.

Niente, niente, nient’altro, potrebbe farmi sentire così…

…felice.

Peace

Ale

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